Abstract
Lettere e alcuni appunti diaristici che il commerciante Federigo Dalgas mandava regolarmente al padre Cristiano Augusto, console di Danimarca a Livorno, e al fratello Gustavo, che si trovavano a Seravezza (LU) per curare gli affari di famiglia. Possedevano infatti una cava di marmo e una fabbrica di "marmette e quadrelle". Arrivati al 1848, con la cosiddetta Prima guerra di Indipendenza in corso, in una città come Livorno c’era un popolo affamato di libertà e diritti che aspirava a conquistare una forma di governo repubblicana, ma c’erano anche contrapposti strati sociali reazionari e conservatori, avversi a ogni cambiamento, sostenitori dello status quo e dei regnanti. Federigo commenta, con toni sprezzanti, le notizie quotidiane che hanno per protagonista la folla e i suoi numerosi agitatori. Il punto di vista di Federico è piuttosto netto, e lo diventa ancora di più quando passa a giudicare le reali motivazioni che, a suo dire, sarebbero alla base dei moti insurrezionali: altro che principi democratici e libertari, la baraonda sollevata a Livorno servirebbe soprattutto per facilitare il contrabbando e i commerci illegali, come il traffico dei tabacchi, di cui è certo che in molti abbiano approfittato nelle giornate più calde della sommossa. La sua penna affilata non risparmia neppure un futuro eroe nazionale come Giuseppe Garibaldi, in transito da Livorno nell’ottobre di quell’anno.
Tipologia testuale
Epistolario
Tipologia secondaria
Diario
Consistenza
116 p.
Natura del testo in sede
Dattiloscritto: 2
Fotocopia originale: 1
Tempo della scrittura
1848 -1849
Estremi cronologici
1848 -1849
Provenienza geografica
Livorno
Soggetti
Parole chiave
Eventi straordinari
Personaggi straordinari
Luoghi del racconto
Anno
2021
Premio Pieve
Finalista
Collocazione
E/21
Sezione
Conc/2021