Dopo infinite peripezie, un cittadino istriano, viene mandato dal regime di Tito nell'isola di Goli Otok, un lager da cui esce solo denunciando il proprio fratello.
Guidata da un padre idealista e rivoluzionario, una giovane famiglia lascia l'Italia per trasferirsi nella Jugoslavia di Tito, terra del socialismo reale. Però, quando si deteriorano i rapporti con l'Unione Sovietica di Stalin, l'uomo viene imprigionato per quattro anni nell'isola di Goli Otok, con l'accusa infondata d'essere una spia di Mosca. La moglie e la figlia - l'autrice del testo, allora bambina - si trovano isolate, e accusate anch'esse come "nemiche del popolo". A distanza di anni, la figlia racconta questo calvario di efferata e brutalissima violenza.
Un uomo, rinchiuso negli anni Cinquanta per tre anni e tre mesi nel campo di concentramento di Goli otok dal regime comunista di Tito, racconta le innumerevoli violenze subite e le disumane condizioni dei prigionieri.
Estremi cronologici
Inizio presunto: 1950-1959
Fine presunta: 1950-1959
Un uomo nato a Pola e detenuto a Goli Otok (entrambe in Croazia) durante la Seconda guerra mondiale, lascia la propria terra di origine e si spinge fino in Australia. Negli anni Ottanta, appena pensionato, giunge in Toscana, dove si stabilisce e dove tra varie peripezie e innumerevoli difficoltà riesce a costruirsi una dimora. Un incendio, scoppiato in modo fortuito, lo priva della casa e lo costringe ancora una volta a ricominciare da capo.
Raggiunto il traguardo dei novantadue anni, un uomo nato a Pola (Croazia) e vissuto in diverse parti del mondo, racconta la storia della sua vita - concentrandosi in particolare sul periodo della Seconda guerra mondiale e del primo dopoguerra - e riflette sulla storia, sulla politica e sull'attualità.