Chiamato ad assistere un ragazzo malato di schizofrenia catatonica, un volontario si accorge a poco a poco che si tratta di una finzione e riesce a guarirlo.
Pensieri sparsi e disordinati ma pieni di profondità di un giovane disoccupato che si definisce "schizofrenico" e "alcoolizzato", che vive con i genitori, ha un rapporto conflittuale con Dio, odia le donne e dipinge figure solitarie e sofferenti. Una testimonianza sulla malattia mentale.
Ripercorre la sua vita: dalla nascita molto a rischio, ad un'infanzia e giovinezza serene nello studio prima, nell'insegnamento poi. Il calvario inizia per lei con una grave malattia psichica e le relative ed inutili cure. Le è accanto la sorella che, alla fine del testo, interviene brevemente per raccontare la sua morte, per un tumore alle ossa.
Racconto di otto anni di lavoro al C.S.E di Milano, un centro che accoglie ragazzi portatori di handicap per impegnarli in attività educative e ricreative. L'autore, al tempo appena laureato in filosofia, traccia il profilo di ognuno dei trenta ospiti, attraverso le particolarità dei vari disturbi di cui soffrono.
Un ventenne aretino scrive un diario che abbraccia l'arco di quattro anni. Annota il disagio esistenziale e i tormenti del suo animo: pagine intervallate anche da ricordi lieti legati all'infanzia felice e tristi di un'adolescenza segnata dalla separazione dei genitori.
L'autrice scrive la sua angoscia per la malattia del figlio schizofrenico. Dopo un tentativo di suicidio il ragazzo, che ha 16 anni, viene internato in un istituto prima e in una comunità poi. Lei tenta di ricostruire la sua vita affettiva dopo il divorzio dal marito, ma il suo pensiero costante è per il figlio che alimenta in lei vane illusioni di miglioramento.