Un'anziana bolognese racconta con quanta fatica, negli anni della guerra, spigolava nei campi per non morire di fame: alla gioia di aver raccolto un quintale di frumento, subentra il dolore per la morte del figlio.
Il tema del sesso è dominante e una girandola di donne e di incontri, prevalentemente finalizzati all'appagamento del piacere fisico, costituisce il filo conduttore della narrazione. Sullo sfondo il lavoro di impresario teatrale, con qualche accenno ad un impegno politico, e la vita ad esso connessa.
L'autore ricorda con gli occhi di un bambino un decennio di vita, dal 1936 al 1946, vissuto nelle campagne bolognesi, in una famiglia contadina e antifascista. Il racconto si snoda attraverso una sequenza di episodi che gettano luce sull'incidenza del regime nella formazione di giovani, sul rapporto tra le figure più autorevoli della società rurale come il maestro e il parroco. Sullo sfondo compaiono i drammi della guerra, la ritirata in Russia, il 25 luglio e la caduta del fascismo, i caduti al fronte tra i quali alcuni parenti e conoscenti, gli allarmi aerei segnalati dalle campane del paese, la minaccia dei bombardamenti sulle scuole e i piani di evacuazi...
Un uomo nato subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale e cresciuto nel mondo contadino del bolognese, viene assunto come operaio in un grande stabilimento industriale quando la famiglia abbandona la terra e si sposta in città. Dopo un inizio molto positivo, la situazione si complica e l'impegno dell'uomo nella difesa dei diritti dei lavoratori ha risvolti problematici per la sua carriera, fino all'abbandono della fabbrica dopo la vittoria di un concorso pubblico.