Lodovico, giovane ventiduenne, nel 1893 parte per la colonia Eritrea come militare telegrafista. Nelle sue lettere, insieme ai pensieri affettuosi per la madre e il fratello, accenna alle battaglie cruente ma vittoriose contro i Dervisci, sostenute dagli italiani e dagli indigeni da loro assoldati.
L'autore è nato a Cheren in Eritrea nel 1898. I genitori si erano conosciuti e sposati in Africa; il padre dopo la battaglia di Dogali (1887) era rimasto nel continente africano dove aveva un'impresa agricola , la madre era arrivata da bambina al seguito di una spedizione organizzata dal barone Leopoldo Franchetti. Dopo un breve rimpatrio con destinazione in Friuli tornano in Eritrea dove il padre fonda un'azienda per la costruzione di strade, dove lavora anche l'autore una volta cresciuto, esercitando anche le mansioni di capocantiere.
Un funzionario ministeriale italiano giunge in Eritrea nel 1938 e vi resta fino al 1946. Nei primi anni del suo incarico la sua vita è agiata, ha la famiglia che vive al suo fianco in Africa, conduce un'intensa vita sociale e svolge le sue mansioni in relativa tranquillità. Con l'entrata in guerra dell'Italia la situazione cambia radicalmente: i bombardamenti, l'occupazione inglese, le vicende belliche sfavorevoli all'impero italiano complicano sia il suo lavoro sia la sua quotidianità. La famiglia ha il permesso di rientrare in Italia, ma non lui, che viene rimpatriato soltanto nel '46, continuando a lavorare come funzionario.
Un reduce aretino della Grande Guerra negli anni Venti si sposa e diventa padre di numerosi figli. Per migliorare le proprie condizioni economiche e provvedere al meglio alla famiglia, emigra poi per un periodo in Africa e lavora nelle colonie italiane.
Un ufficiale italiano in servizio in Eritrea nel 1918 tiene un diario giornaliero dove annota fatti della propria vita militare, cronache quotidiane e descrizioni di usi e costumi africani.