Nato nel 1944, l'autore trascorre gli anni della sua formazione nell'ambiente romano della borghesia agiata dove la sua giovinezza è condizionata da una malintesa educazione religiosa e da una ferma disciplina familiare. Resosi indipendente, conduce una vita goliardica e spensierata fino al matrimonio. Nel 1996 si separa dalla moglie per una nuova improvvisa passione.
Quarantaquattro agende ripercorrono altrettanti anni della vita di un parroco di provincia. Scorrono le stagioni e le giornate sono cariche di lavoro tra scuola e parrocchia: predomina l'insofferenza per l'ambiente circostante e la solitudine di una scelta di vita, sostenuta grazie all'amore per Dio.
L'autore ricorda con gli occhi di un bambino un decennio di vita, dal 1936 al 1946, vissuto nelle campagne bolognesi, in una famiglia contadina e antifascista. Il racconto si snoda attraverso una sequenza di episodi che gettano luce sull'incidenza del regime nella formazione di giovani, sul rapporto tra le figure più autorevoli della società rurale come il maestro e il parroco. Sullo sfondo compaiono i drammi della guerra, la ritirata in Russia, il 25 luglio e la caduta del fascismo, i caduti al fronte tra i quali alcuni parenti e conoscenti, gli allarmi aerei segnalati dalle campane del paese, la minaccia dei bombardamenti sulle scuole e i piani di evacuazi...
L'autore, primo di sei figli, fa una revisione della sua vita soffermandosi soprattutto sull'infanzia, periodo problematico per via dei rapporti con la madre. La memoria si conclude con la decisione, a undici anni, di entrare in seminario per sfuggire al controllo della donna. Diventa missionario nell'ordine dei comboniani, per dedicare la sua vita all'apostolato e alla catechizzazione delle popolazioni non cristiane ma anche per sentirsi parte di una comunità che lo può amare. Oltre al contesto familiare racconta gli anni della guerra.