Lettere di un contadino condannato all'ergastolo nel 1868, per omicidio premeditato, al figlio Angelo che cerca, dall'orfanotrofio dove è finito per la morte della madre di imparare il mestiere di calzolaio.
Nata nel 1913, trascorre un'infanzia serena nonostante la perdita prematura della madre e l'invalidità del padre dovuta all'esplosione incidentale di una bomba. Anche la vita in orfanotrofio, non sempre felice, viene raccontata senza amarezza. Ricorda con gioia e orgoglio il lungo periodo d'insegnamento che ha riempito la sua vita solitaria, accompagnata però da una fervida fede. Descrive antiche usanze e tradizioni, ormai perdute, appartenenti ad un mondo contadino semplice e povero, ma ricco di autentici valori.
Un medico racconta il suo soggiorno a Nairobi dove si è recata per tutelare gli interessi del padre che da trentanni si è stabilito in Kenia creando a sue spese un centro di accoglienza per bambini orfani, con scuola, chiesa e abitazioni per collaboratori. Ormai ottantacinquenne ma sempre attivo e generoso, viene sfruttato da vecchi collaboratori e la figlia cerca di ristabilire un equo rapporto tra loro e rivendicare i diritti del padre. Riparte dopo un mese sperando di aver ottenuto qualcosa.
Un anno di servizio civile in un orfanotrofio in Tanzania, insieme ad altri volontari, descritto con passione in poche mail e pagine di diario. La bellezza ed i colori dell'Africa, il fascino dei suoi abitanti, piccoli e grandi, conquistano la cooperante, gratificata dal lavoro svolto e felice per la crescita propria e per quella dei suoi ragazzi.
La famiglia Romano raggiunge in Africa la figlia Roberta che lavora in Uganda nella cooperazione internazionale e qui, a Gulu, vive per qualche settimana tra i superstiti del popolo Acholi, nello splendore della rigogliosa natura africana.