Dotato di quella fierezza tipica della cultura pastorale sarda, condannato per un reato gravissimo, a suo dire mai commesso, lasciandosi trasportare da sentimenti di profonda avversione contro un certo sistema, organizza e porta a termine un sequestro di persona con finalità estorsiva. Le cose finiranno con l'andare nel peggiore dei modi, con la morte dell'ostaggio e con la sua condanna all'ergastolo.
Affresco bello e intenso di un'umanità smarrita, affamata e impaurita dai combattimenti che avanzano: l'istinto di sopravvivenza fa accettare condizioni di vita degradate nella promiscuità delle grotte, atavici rancori sociali inducono a rivendicazioni e vendette, mentre le storie delle persone e delle famiglie si intersecano nella fatica della sopravvivenza quotidiana tra grandi egoismi e piccole forme di solidarietà nel contesto di una guerra che porterà profondi mutamenti, sociali e politici, non sempre apprezzati dalla raffinata autrice.
Lettere e alcuni appunti diaristici che il commerciante Federigo Dalgas mandava regolarmente al padre Cristiano Augusto, console di Danimarca a Livorno, e al fratello Gustavo, che si trovavano a Seravezza (LU) per curare gli affari di famiglia. Possedevano infatti una cava di marmo e una fabbrica di "marmette e quadrelle". Arrivati al 1848, con la cosiddetta Prima guerra di Indipendenza in corso, in una città come Livorno c’era un popolo affamato di libertà e diritti che aspirava a conquistare una forma di governo repubblicana, ma c’erano anche contrapposti strati sociali reazionari e conservatori, avversi a ogni cambiamento, sostenitori dello status quo e...