Lettere alla madre, al fratello, agli amici, inviate da una tossicodipendente in cura a San Patrignano: la presunta guarigione, il ritorno alla vita, la gratitudine verso Vincenzo Muccioli, la vita della comunità. Poi, tace per tre mesi e si uccide.
Dopo tre anni trascorsi a San Patrignano, portato in carcere a Rimini per finire di scontare una pena, descrive la fatica per rimanere lucidi nel mondo violento e paradossale di un reclusorio, dove bisogna battersi con tutte le forze per respingere la droga offerta a muso duro da altri detenuti.
Un'insegnante in pensione, ripercorre episodi del proprio passato: un'infanzia serena e agiata, gli studi universitari e la carriera lavorativa. L'arrivo della guerra e le ristrettezze improvvise influiscono negativamente su di lei, aumentando la dedizione al lavoro e l'amore per la cultura. Rimasta vedova continua l'attività di volontariato presso la comunità di San Patrignano.
Un giovane genovese vissuto per anni in una comunità annota in un diario i suoi pensieri, le sue giornate, le paure per il futuro e le fragilità. Ripete anche le esortazioni dei vari operatori psicologici che lo seguono. Lo scritto è lo specchio di un percorso di maturazione esistenziale di un ragazzo con fragilità.