Le lettere a casa dell'ufficiale che ha già partecipato al premio Pieve col diario "La mia prigionia", finalista nel 1989. Dai lager di Tarnopol, Deblin Irena, Sandbostel e Fallingbostel e dal campo di Muenster, scrive ai famigliari, con continui riferimenti anche all'andamento dei servizi postali e alle novità filateliche.
Fatto prigioniero l'8 settembre a Bolzano e deportato in Germania, rifiuta di combattere per i nazisti e, una volta tornato, racconta vita, sopravvivenza e morte nel campo di Fallingbostel fino al rimpatrio, che però viene sospeso a Milano, dove resterà in attesa della fine della guerra.
Un'architetto polacca partecipa alla resistenza che la popolazione di Varsavia oppone ai tedeschi: deportata in un campo di lavoro in Germania, con l'avvento del comunismo nel suo paese d'origine, emigra prima in Belgio, poi in Inghilterra. Sposatasi e con due figli, si trasferisce in Italia dove il marito ottiene un importante lavoro in banca: dopo anni di ristrettezze, inizia una vita serena.
Un giovane ufficiale è testimone dello sbandamento dell'esercito italiano nel Montenegro dopo l'8 settembre '43. Il pensiero per la famiglia lo fa desistere dall'idea di unirsi alle formazioni partigiane fra le montagne, ma rifiuta anche quella di combattere con i tedeschi preferendo la prigionia in Germania. Il diario termina il 29 giugno 1945 con la notizia dell'imminente partenza per l'Italia.