[...] Il biglietto qui unito mi venne lanciato dal balcone
Ida Nencioni
Una donna settantenne, affetta da gravi turbe psichiche, annota con sconvolgente purezza i piccoli eventi quotidiani della vita nelle case popolari milanesi e delle sue degenze ad Anghiari e nel manicomio di Arezzo: una testimonianza aspra del calvario a cui erano sottoposti in certi istituti i malati di mente. Dopo l'approvazione della legge 180 è seguita a domicilio dal Servizio Igiene Mentale di Sansepolcro e, chiusa nella sua "casa - scatolino", scrive anche le proprie memorie d'infanzia.
Giovane casalinga si sente il frutto di due mondi, quello triestino della madre e quello siciliano del padre. Il racconto - forse parte di un'opera più ampia, con intenti letterari - è soprattutto l'espiazione di un senso di colpa vissuto dall'autrice che, intimamente presa dalla propria vita, non si è accorta della malattia mentale del fratello. Malattia che si è conclusa con un suicidio.
Una vita lunghissima e ricca, questa del nostro autore che nasce in un contesto colto e benestante dove, soprattutto grazie alla madre, la pittrice Marisa Mori, lontana discendente del Bernini, viene a contatto con importanti esponenti della nostra cultura. La passione per la psichiatria e per la psicoanalisi lo inducono, progressivamente, a riflettere sulla condizione del malato di mente portandolo ad impegnarsi attivamente per il superamento dell'istituzione manicomiale a favore di un approccio diverso, più umano e più rispettoso della persona, nei confronti della malattia mentale.